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.:: (2009) - Konia - Pamukkale

 
Martedì 30 giugno – Konya – Pamukkale

Alle 7.00 del mattino lasciamo la Cappadocia direzione Konya.
Lungo il percorso, dopo circa 140 Km di immense praterie tipiche dell’Anatolia,  ci fermiamo per visitare (e per sgranchirci le gambe) il Caravanserraglio di Sultanhani.
I caravanserragli erano i posti di ristoro dei mercanti e dei viandanti, quello di Sultanhani fu costruito nel 1229 dal sultano Alaeddin Keykubad I e dopo un incendio venne restaurato nel 1278 diventando il più grande caravanserraglio della Turchia. Di grande impatto è l’entrata, all’interno un cortile con al centro una piccola moschea, tutto intorno stanze, cucine, bagni, sul retro la grande stalla (ahir).

Dopo circa un’ora ripartiamo. Arriviamo a Konya e subito visitiamo il Mausoleo di Mevlana Celaleddin Rumi (1207-1273), fondatore del movimento mistico dei "dervisci rotanti" o “danzanti”. Il mausoleo, ricoperto di mattonelle verdi, è la costruzione più famosa di Konya. Accanto sorge l'antico seminario dei dervisci, ora trasformato in museo d’arte islamica e conserva i manoscritti che racchiudono l'opera di Mevlana, come pure oggetti di culto, strumenti musicali ed altro appartenuti all'Ordine. Dopo la visita pranziamo in un ristorante caratteristico ricavato in un’antica stalla alla periferia della città.

Ripartiamo, percorrendo la “strada delle ciliegie”, così l’ho ribattezzata, kilometri e kilometri di alberi di ciliegie (mature e con i contadini a raccoglierle) e alle 18.00 circa arriviamo a Denzil, dopo altri 10 minuti e 650 Km totali, a Pamukkale, letteralmente tradotto dal turco "Castello di cotone".
Ci si presenta davanti gli occhi un altro spettacolo fiabesco… le famose cascate pietrificate (foto di rito dal basso, visto che ci andremo il giorno dopo), poi raggiungiamo il nostro hotel, il Lycus River: ottimo.

Noi, Doriana e Carlo ci precipitiamo nella piscina termale (con acqua caldissima) dell'hotel, poi nella yacuzzi ed infine io ed Antonietta, all’interno del bagno turco, ci siamo fatti fare un hammam (25 € a testa) con tanto di the alla mela nel momento del relax. Favoloso… siamo rinati!

Mercoledì 1 luglio – Hierapolis – Aphrodisias – Kusadasi

La giornata che ci aspetta si preannuncia lunga e impegnativa per cui sveglia alle 6.00 e, dopo la prima colazione, alle 7.00 siamo già davanti l'antica città di Hierapolis (dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO) distante poche centinaia di metri dall'hotel.

Il sito della città termale di Hierapolis raggiunse il suo massimo splendore nel periodo romano, ma nel I secolo d.C. tre devastanti terremoti la colpirono e dopo quello del XIV secolo fu abbandonata. Iniziamo la visita dalla Necropoli, (esempio di architettura funeraria dell’Asia Minore) con sarcofaghi sparsi ovunque, per poi arrivare al Teatro romano (sembra una piccola arena) veramente bello con le statue, le colonne, gli archi e la gradinata quasi perfettamente conservati.
Il sito di Hierapolis è l’unico ad avere le spiegazioni in italiano in quanto una missione italiana (sponsorizzata dalla Fiat) si sta occupando degli scavi e della catalogazione dei vari reperti.

Scendiamo dalla collina in cui sorge il teatro e davanti ai nostri occhi si mostra, lungo tutto il fianco della montagna, un luogo fiabesco e magico di un bianco abbagliante.
Non è neve, ne ghiaccio, ne cotone ma rocce di calcare e travertino che formano una fantastica formazione di castelli pietrificati, stalattiti e cataratte d'acqua calda che creano delle piccole piscine di colore azzurro e verde. Tolte le scarpe ci immergiamo subito in queste piccole piscine.

E’ piacevole camminare a piedi nudi e sguazzare nell'acqua a tratti tiepida a tratti molto calda, tanto più che queste acque hanno proprietà curative (alcune persone in costume si cospargono l’intero corpo con il calcare).
Lo spettacolo è notevole, e con il riverbero del sole ancor di più. Peccato che non tutte le piscine hanno l’acqua (scopriamo che la alternano per non sprecarne tanta).  
Sarebbe bello rimanere ad oziare in “questo paese delle meraviglie”, ma il tour ha le sue “esigenze”…

Per cui alle 11.30 ci rimettiamo in cammino, prossima tappa il sito di Aphrodisias che raggiungiamo alle 13.30 circa.
Visitiamo questo insediamento greco-romano consacrato alla dea della bellezza e dell’amore (appunto Afrodite) partendo dal Teatro (capienza 5.000 persone) per poi passare per una basilica, un mercato, delle abitazioni, dei bagni, una porta monumentale, lo Stadio (capienza 30.000 persone, sembra più un ippodromo vista la sua forma allungata), l’Odeon (teatro coperto) fino al Tempio di Afrodite (in posizione isolata rispetto al resto delle rovine).

La visita risulta abbastanza faticosa. Sarà perché il sito si trova in aperta campagna (si sentono le cicale), sarà per il caldo asfissiante, anche vista l’ora, il risultato è che soffriamo in maniera impressionante. Forse è per questo che i visitatori sono veramente pochi (almeno questo).
Ripartiamo direzione Kusadasi, e dopo altri 150 Km arriviamo alla cittadina di Selcuk dove, come in tutti i tour (purtroppo), ci tocca assistere ad una sfilata di capi in pelle. Naturalmente, a parte le filippine, nessuno ha comprato, però almeno ci siamo presi un delizioso the alla mela.

Dopo questa mezz’ora persa raggiungiamo alla periferia di Selcuk  le rovine della grande basilica (m 110 x 40, a tre navate) di San Giovanni Evangelista eretta dall'imperatore Giustiniano nel secolo VI sui resti di una precedente chiesa (secoli II e IV) che, narra la leggenda, custodiva la tomba dell’apostolo Giovanni,  morto vecchissimo ad Efeso. Non è rimasto praticamente nulla dell'edificio originale a parte la porta e gli scalini di marmo dell'entrata che comunque permettono di farsi un'idea della sua antica magnificenza. Le viste, da dentro, sono molto belle. Per cui è un posto che valeva la pena visitare.

Dopo le immancabili foto, raggiungiamo Kusadasi e scendiamo all’hotel (___-__-__). 
Cena, e subito dopo ci immergiamo nella vita notturna della città. Passeggiamo nell’affollatissima isola pedonale, vicina al porto, piena di negozi, praticamente un grande bazar all’aperto.

 

 

 

 
 
 

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