Venerdì 3
dicembre –
Eldjem - Matmata
- Douz |
Come detto, sveglia
alle 5, colazione e alle sei
si parte.
Ci dirigiamo verso sud
prendendo la nuova
autostrada a due corsie che
da Tunisi arriva al Sud del
paese (strada ben tenuta e
con poco traffico).
Dopo poco più di due ore di
viaggio arriviamo a El Djem
e quello che ci appare
dinanzi gli occhi è il
monumento più imponente
della terra d'Africa, terzo
del mondo romano per
dimensioni, dopo quello di
Roma e Capua: l’anfiteatro
(alcuni lo chiamano il
Colosseo africano).
Di classica forma ellittica
(149 metri di lunghezza x
124 metri di larghezza e 36
metri di altezza)
l’anfiteatro è stato
costruito a cavallo tra il
II e il III secolo d. c. su
incarico del console
Giordano
e vi potevano prendere posto
oltre 30.000 spettatori.
Nel corso della sua
storia
è stato più volte
utilizzato, oltre che per i
giochi, anche per scopi
difensivi.
Entriamo (8 dinari
l’ingresso + 1 dinaro per
usufruire del bagno?!) e ci
troviamo a girare tra tre
ordini di arcate, scalinate,
contrafforti battenti,
camere sotterranee. Il tutto
ben conservato anche se
parte dell’architettura
interna è andata perduta.
Oggi l'anfiteatro è uno dei
luoghi dichiarati patrimonio
dell'umanità dall'ONU.
Usciamo e girovaghiamo tra
pashmine, ceramiche e
souvenirs vari delle
bancarelle subito fuori
l’anfiteatro.
Riprendiamo il viaggio
sempre verso sud.
Passiamo Sfax e percorriamo
un tratto di costa fino a
Gabes. Il paesaggio da
verde e lussureggiante si fa
via via sempre più arido
con colline basse e spoglie
e sparute palme.
Facciamo una "sosta tecnica”
in “un’area di servizio”
caratteristica e molto
carina .
Ci dirigiamo verso Matmata
percorrendo la strada dei
“libici”. Mario ci spiega
che la strada è chiamata
così in quanto è percorsa
dai libici che vengono in
Tunisia per comperare o
meglio barattare la benzina
con frutta e verdura (che da
loro sono carenti). Tant’è
vero che lungo la strada si
trovano numerose bancarelle
di frutta e verdura (anche
di carne) e degli
stranissimi depositi di
benzina: tante taniche
allineate su problematiche
bancarelle.
Arrivati a Matmata il
paesaggio si fa sempre più
“lunare”.
Ma Matmata è famosa nel
mondo per le sue tipiche
case troglodite, abitazioni
che i Berberi costruirono
sotto il livello del terreno
in virtù del fatto che,
essendo alle porte del
deserto, bisognava
proteggersi dall'eccessivo
calore esterno e mantenere
all'interno una temperatura
fresca d'estate e calda
d'inverno. Le case sono
ricavate scavando nella
roccia vari ambienti
intorno ad un cortile
centrale che ne costituisce
l'ingresso e l'unica fonte
di luce e ricambio d'aria.
Inoltre il cortile, essendo
a cielo aperto, riesce a
raccogliere tutta l'acqua
piovana che raramente si
presenta.
Lungo la strada ne vediamo
alcune ancora abitate, anche
se non sono facilmente
individuabili.
Ne visitiamo una. Dal
livello stradale vediamo il
cortile dall’alto, poi
scendiamo lungo una rampa
che dolcemente scende fino a
raggiungere il livello del
pavimento del cortile. Le
stanze sono tutte scavate
nei 4 lati. Sono delle
abitazioni complete con
tanto di forno per cuocere
il pane ed essiccatoio.
Ci accoglie una gioviale e
orgogliosa signora che ci
offre il loro tipico pane e
l’immancabile the, a
differenza della figlia
adolescente che cerca di
sfuggire all’intrusione di
noi turisti.
Comunque, anche se siamo
quasi nel deserto,
immancabile, come in tutti i
paese arabi, la parabola
satellitare per la TV.
Lasciata la simpatica
signora, raggiungiamo il
ristorante Berber, anch’esso
scavato nella roccia, dove
pranziamo e subito dopo
proseguiamo il viaggio verso
Douz facendo un’altra sosta
tecnica in un piccolo bazar,
con tanto di torre
panoramica, nel quale
facciamo conoscenza con la
famosa “Rosa del Deserto”:
una formazione minerale che
nasce dall'evaporazione del
gesso umido, presente sotto
la sabbia, che si
cristallizza in una forma
che ricorda i petali di una
rosa.
Finalmente, dopo più di 500
Km fatti nella giornata,
arriviamo in tardo
pomeriggio a Douz conosciuta
anche come la porta del
Sahara e avamposto della
civiltà che s'affaccia sullo
sconfinato deserto.
Douz, a parte la città
vecchia, è una sorta di
“parco giochi del deserto”,
in quanto proprio perché è a
ridosso delle dune la città
si è organizzata per
accogliere i numerosi
turisti ed offrire loro la
possibilità di praticare
varie attività sulla sabbia:
trekking a piedi e con
dromedari, quad, jeep e
motocicletta.
Anche il nostro gruppo ne
approfitta. La maggior parte
di noi decide di fare la
passeggiata nel deserto sui
dromedari venendo forniti di
palandrane visto che l'odore
degli animali per osmosi si
trasferisce in maniera
permanente sui vestiti.
Alcuni prendono le
carrozzelle a cavallo e i
più temerari i quad. Noi
invece, avendo sperimentato
i dromedari in Giordania,
decidiamo di farci una bella
passeggiata sulle oasi: è
stato bello camminare sulle
dune, scivolare dalla loro
sommità, perdersi con lo
sguardo nell’orizzonte e
assistere al tramonto tra le
palme delle tante oasi.
Incontriamo il resto del
gruppo di ritorno dalla
cammellata in un’oasi (tra
l’altro mangiamo alcuni
buonissimi datteri) dove
alcuni tunisini accendono il
fuoco e ci fanno vedere come
si fa e si cuoce il pane
sulla sabbia. Ce lo fanno
assaggiare (buono) insieme
all’immancabile bicchiere di
the alla menta.
Questa escursione nel Sahara
è stata una simpatica
esperienza e se non l'avete
mai provata ne vale la pena.
Dopo raggiungiamo l’hotel
Touareg, discreta cena ma
camere decisamente spartane,
del resto siamo alle porte
del Sahara! Poi tutti a
nanna e fine di una giornata
direi faticosa. |