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.:: (2010) - Eljem - Douz

 

Venerdì 3 dicembre – Eldjem - Matmata - Douz

Come detto, sveglia alle 5, colazione e alle sei si parte.

Ci dirigiamo verso sud prendendo la nuova autostrada a due corsie che da Tunisi arriva al Sud del paese (strada ben tenuta e con poco traffico).
Dopo poco più di due ore di viaggio arriviamo a El Djem e quello che ci appare dinanzi gli occhi è il monumento più imponente della terra d'Africa, terzo del mondo romano per dimensioni, dopo quello di Roma e Capua: l’anfiteatro (alcuni lo chiamano il Colosseo africano).

Di classica forma ellittica (149 metri di lunghezza x 124 metri di larghezza e 36 metri di altezza) l’anfiteatro è stato costruito a cavallo tra il II e il III secolo d. c. su incarico del console Giordano e vi potevano prendere posto oltre 30.000 spettatori. Nel corso della sua storia è stato più volte utilizzato, oltre che per i giochi, anche per scopi difensivi.

Entriamo (8 dinari l’ingresso + 1 dinaro per usufruire del bagno?!) e ci troviamo a girare tra tre ordini di arcate, scalinate, contrafforti battenti, camere sotterranee. Il tutto ben conservato anche se parte dell’architettura interna è andata perduta. Oggi l'anfiteatro è uno dei luoghi dichiarati patrimonio dell'umanità dall'ONU.

Usciamo e girovaghiamo tra pashmine, ceramiche e souvenirs vari delle bancarelle subito fuori l’anfiteatro.

Riprendiamo il viaggio sempre verso sud.

Passiamo Sfax e percorriamo un tratto di costa fino a Gabes.  Il paesaggio da verde e lussureggiante si fa via via sempre più arido con colline basse e spoglie e sparute palme.

Facciamo una "sosta tecnica” in “un’area di servizio” caratteristica e molto carina .

Ci dirigiamo verso Matmata percorrendo la strada dei “libici”. Mario ci spiega che la strada è chiamata così in quanto è percorsa dai libici che vengono in Tunisia per comperare o meglio barattare la benzina con frutta e verdura (che da loro sono carenti). Tant’è vero che lungo la strada si trovano numerose bancarelle di frutta e verdura (anche di carne) e degli stranissimi depositi di benzina: tante taniche allineate su problematiche bancarelle.

Arrivati a Matmata il paesaggio si fa sempre più “lunare”.

Ma Matmata è famosa nel mondo per le sue tipiche case troglodite, abitazioni che i Berberi costruirono sotto il livello del terreno in virtù del fatto che, essendo alle porte del deserto, bisognava proteggersi dall'eccessivo calore esterno e mantenere all'interno una temperatura fresca d'estate e calda d'inverno. Le case sono ricavate scavando nella roccia vari ambienti  intorno ad un cortile centrale che ne costituisce l'ingresso e l'unica fonte di luce e ricambio d'aria. Inoltre il cortile, essendo a cielo aperto, riesce a raccogliere tutta l'acqua piovana che raramente si presenta.

Lungo la strada ne vediamo alcune ancora abitate, anche se non sono facilmente individuabili.

Ne visitiamo una. Dal livello stradale vediamo il cortile dall’alto, poi scendiamo lungo una rampa che dolcemente scende fino a raggiungere il livello del pavimento del cortile.  Le stanze sono tutte scavate nei 4 lati. Sono delle abitazioni complete con tanto di forno per cuocere il pane ed essiccatoio.

Ci accoglie una gioviale e orgogliosa signora che ci offre il loro tipico pane e l’immancabile the, a differenza della figlia adolescente che cerca di sfuggire all’intrusione di noi turisti.

Comunque, anche se siamo quasi nel deserto, immancabile, come in tutti i paese arabi, la parabola satellitare per la TV.

Lasciata la simpatica signora, raggiungiamo il ristorante Berber, anch’esso scavato nella roccia, dove pranziamo e subito dopo proseguiamo il viaggio verso Douz facendo un’altra sosta tecnica in un piccolo bazar, con tanto di torre panoramica, nel quale facciamo conoscenza con la famosa  “Rosa del Deserto”: una formazione minerale che nasce dall'evaporazione del gesso umido, presente sotto la sabbia, che si cristallizza in una forma che ricorda i petali di una rosa. 

Finalmente, dopo più di 500 Km fatti nella giornata, arriviamo in tardo pomeriggio a Douz conosciuta anche come la porta del Sahara e  avamposto della civiltà che s'affaccia sullo sconfinato deserto.

Douz, a parte la città vecchia, è una sorta di “parco giochi del deserto”, in quanto proprio perché è a ridosso delle dune la città si è organizzata per accogliere i numerosi turisti ed offrire loro la possibilità di praticare varie attività sulla sabbia: trekking a piedi e con dromedari, quad, jeep e motocicletta.

Anche il nostro gruppo ne approfitta. La maggior parte di noi decide di fare la passeggiata nel deserto sui dromedari venendo forniti di palandrane visto che l'odore degli animali per osmosi si trasferisce in maniera permanente sui vestiti. Alcuni prendono le carrozzelle a cavallo e i  più temerari i quad. Noi invece, avendo sperimentato i dromedari in Giordania, decidiamo di farci una bella passeggiata sulle oasi: è stato bello camminare sulle dune, scivolare  dalla loro sommità, perdersi con lo sguardo nell’orizzonte e assistere al tramonto tra le palme delle tante oasi.

Incontriamo il resto del gruppo di ritorno dalla cammellata in un’oasi (tra l’altro mangiamo alcuni buonissimi datteri) dove alcuni tunisini accendono il fuoco e ci fanno vedere come si fa e si cuoce il pane sulla sabbia. Ce lo fanno assaggiare (buono) insieme all’immancabile bicchiere di the alla menta.

Questa escursione nel Sahara è stata una simpatica esperienza e se non l'avete mai provata ne vale la pena.

Dopo raggiungiamo l’hotel Touareg, discreta cena ma camere decisamente spartane, del resto siamo alle porte del Sahara! Poi tutti a nanna e fine di una giornata direi faticosa.

 

 

 

 
 
 

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